ROSSANA CHELI

17 Aprile / 08 Maggio 2010



 

Domino

Rossana traccia un Gesto.
Con la materia sulla materia. E lo fa con la perentorietà di chi sfodera un sorriso amaro, ad un tratto, quando non te lo aspetti più.
Segna la tela come chi vuole affermare qualcosa.
Di se.
Dell’intorno a se.
Aggredisce il supporto Rossana. Le immagini si stagliano per sovrapposizione, affermano la loro presenza prepotentemente.
La Musica si fa prepotente. Parigi, Venezia, un oggetto qualsiasi come una lettera non spedita, si fanno prepotenti. Trasfigurati, i soggetti assumono una pregnanza espressionista sconosciuta ad uno sguardo superficiale.
La torre Eiffel ci guarda minacciosa, dall’alto in basso. Venezia si specchia aerea e si rende riconoscibile attraverso un grafismo istintuale dell’artista. Altrove il groviglio si fa portavoce di una stratificazione di sentimenti, di una volontà di esserci “qui ed ora” con il gesto, con il segno.
E’ una “città che sale” quella della Cheli, vorticosa, urticante, futurista (o futuribile?), che mangia con il suo ritmo ciò che le si para davanti.
Scansarsi è d’obbligo. O ne sarai inglobato, calpestato dagli stessi pneumatici impressi nel medium pittorico.
Paesaggi. Sicuramente. Urbani, forse ormai dis/umani, dis/giunti dalla dimensione più ingenua del mondo che vorremmo.
Con una pittura che sapientemente utilizza mezzi altamente espressivi (taches alla Soulages, segni neri alla Kline), Rossana Cheli ci introduce ad un personale sguardo sul contemporaneo: l’artista distrugge visioni rassicuranti per aprirci un paese della meraviglia che tutti ci riguarda, fin troppo da vicino:
la meraviglia della modernità.

Fabrizia Bettazzi